A sorpresa scopro che il blog è letto anche da colleghi che si interessano di acufene.
Concordo quando si dice che è importante avere una formazione specifica trattando di acufenici, anche solo avere una visione dei molteplici aspetti e piani che si intersecano nella diagnosi e nella scelta del trattamento più adatto.
Oggi la psicoterapia, cioè la cura di componenti psicologiche disfunzionali, ha raggiunto livelli di sofisticazione la cui efficacia ricerche sempre più diffuse a livello internazionale stanno scientificamente dimostrando.
Anche le nostre Università approntano ricerche di valutazione dell’efficacia degli interventi e forniscono strumenti a uso dei professionisti.
Naturalmente questo è quanto di meglio possa fare la scienza.
È finito il tempo di promesse di guarigioni miracolose o di sconforto impotente di fronte all’acufene, e vi sono dei casi che effettivamente presentano una sofferenza tale da mettere in scacco i professionisti che a vario titolo se ne occupano.
Ma ciò che importa è non gettare la spugna e mantenere ben chiara la rotta della ‘ricerca-azione’, cioè di quel ripensarsi in forma critica quando emergono difficoltà legate alla pratica clinica e alla cura che a ben vedere è insito nella formazione dello psicologo in Italia oggi.
Così mi piacerebbe che lo spirito critico e l’auto osservazione che connotano la professione di psicologo, dove il rimando continuo tra la teoria e la pratica costituisce il nucleo professionalizzante della disciplina, potesse destare l’interesse di un numero maggiore di colleghi in équipe multidisciplinari.
Acufene: un puzzle di difficile soluzione. Quali teorie vengono proposte? Quante sono le vie percorribili? Come lo vive chi ne soffre senza apparente via d’uscita? Una serie di osservazioni su un fenomeno affascinante e a tratti misterioso nella sua poliedricità che prende avvio dall’esperienza clinica come psicologa. Rivolto a chi a vario titolo se ne interessa.
lunedì 13 febbraio 2012
Acufene e formazione degli psicoterapeuti
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