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Acufene: un puzzle di difficile soluzione. Quali teorie vengono proposte? Quante sono le vie percorribili? Come lo vive chi ne soffre senza apparente via d’uscita? Una serie di osservazioni su un fenomeno affascinante e a tratti misterioso nella sua poliedricità che prende avvio dall’esperienza clinica come psicologa. Rivolto a chi a vario titolo se ne interessa.
domenica 27 maggio 2012
lunedì 21 maggio 2012
Dispensa
In questi
tempi, visti i riscontri positivi che ha avuto la Guida gratuita, mi sto occupando
di mettere a punto una dispensa a uso di tutti coloro che vogliono approfondire
gli aspetti psicologici fondamentali collegati all’acufene.
Questa idea
è in parte nata da un seminario che ho tenuto lo scorso anno presso una delle
associazioni più conosciute sul territorio italico e su richiesta di alcuni
soci interessati a comprendere meglio gli specifici meccanismi psichici coinvolti;
in parte
dalla richiesta del presidente di quella’associazione che mi ha riportato le richieste
successive al seminario stesso;
e in
un’altra parte dalle riflessioni che questo blog ha stimolato e stimola in me.
Questa
‘messa a punto’ si è rivelata molto entusiasmante ma anche impegnativa per il
desiderio di rendere fruibili e semplici concetti che nella realtà sono
estremamente complessi.
Ho pensato
innanzi tutto agli acufenici che l’avevano richiesta, alla loro estrema
differenza di età, provenienza culturale, scolarità, sofferenza e problematica.
E ho
pensato anche a tutti quei colleghi che mi hanno chiesto un confronto più
‘tecnico’.
Alla fine
ho deciso di considerare la dispensa come una specie di viaggio tra gli aspetti
collegati all’acufene.
Un viaggio
di piacere che, in quanto tale, dovesse essere meno faticoso possibile.
Lavori in
corso…
Acufene e concentrazione 2
L’attenzione
in chi ha l’acufene è difficile da mantenere nelle esperienze quotidiane quando
la sua porzione di consapevolezza involontaria (come spiegavo nel post
precedente) viene catturata dall’acufene.
In queste
condizioni mantenere la concentrazione su un compito, sia esso scolastico che
lavorativo che, anche, interpersonale, diviene molto impegnativo.
È un po’
come se la persona ‘di fondo’ dovesse lottare continuamente contro il seducente
acufene, mentre le richieste della realtà sono, per esempio, lo svolgimento di esercizi
di matematica con calcoli e ragionamenti complicati.
In questi
casi l’acufene diviene uno stimolo prevalente che compromette le prestazioni
dove maggiore è la richiesta di attenzione.
domenica 20 maggio 2012
Acufene e attenzione
Sappiamo
che una delle maggiori lamentele presentate con gli acufeni è la mancanza di
concentrazione.
La
concentrazione è il mantenimento dell’attenzione su un compito o un’esperienza
per un certo periodo di tempo, cioè quello che si fa leggendo questo post.
Anche
volendo dimenticare per un po’ il fastidioso ronzio per dedicarsi alla lettura
del nuovo libro acquistato, per l’acufenico risulta talvolta impossibile
riuscire ad arrivare alla fine della pagina.
L’attenzione,
di cui la concentrazione fa parte, è uno dei processi cognitivi fondamentali.
Esso è
fortemente legato agli altri e, in particolare, alla consapevolezza.
Possiamo
infatti distinguere accanto a un’attenzione consapevole una involontaria, come
quando un evento improvviso ‘cattura la nostra attenzione’ anche se siamo
assorti in un’altra attività (se cadesse un meteorite nella vostra cucina ora
probabilmente sospendereste questa lettura).
In
condizioni normali siamo in grado di dirigere la nostra attenzione su ciò che
desideriamo, anche se le cose si fanno più difficili se siamo stanchi,
assonnati, annoiati o in ansia.
Si capisce
bene quanto quest’ultimo quadro descriva la condizione degli acufenici che
hanno un disturbo costante che oltre a mantenerli in uno stato d’ansia, si
associa a problemi del sonno e quindi li rende stanchi e meno efficaci nel
mantenere l’attenzione.
Esistono
dei training di allenamento cognitivo utili ad aumentare le proprie
prestazioni. Ma questi risultano del tutto inutili se la persona che li segue
non ha uno stato psicofisico sufficientemente adeguato com’è il caso di chi
proviene da un lungo periodo di insonnia.
sabato 19 maggio 2012
Acufene e processi cognitivi
Come affermavo nel post precedente può essere
fuorviante applicare delle tecniche senza conoscere a sufficienza le funzioni
su cui si va a intervenire.
Così
per i processi cognitivi.
Troppo spesso infatti si parla di interventi
‘cognitivi’ come se consistessero in una serie di ricette, regole, norme o
comandi da eseguire per migliorare l’uso delle funzioni coinvolte.
In realtà un processo cognitivo coinvolge molti aspetti
sia consapevoli che inconsapevoli e questo è dimostrato anche dalle aree del
Sistema Nervoso che implica e che sono sia nella parte più cosciente (la
corteccia cerebrale) che in quelle aree sottocorticali di cui non siamo
direttamente consapevoli.
Senza tener conto che il processo cognitivo deve
considerare anche gli stimoli che provengono dall’ambiente e richiedono quindi
all’organismo e alle sue funzioni di adattarsi in un flusso continuo.
Occuparsi di processi cognitivi perciò richiede una
visione molto ampia di quello che succede su piani anche molto distanti tra
loro.
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