Accade più spesso di quel che si creda che i consigli e i suggerimenti
vengano recepiti con un significato diverso da quello originario.
Quando l’acufene si manifesta come sintomo sgradito e disturbante,
spesso si propongono delle strategie di fronteggiamento che si basano sulla
distrazione con le tipiche frasi ‘non ci pensi’, ‘faccia altro’, ‘dimentichi
l’acufene’.
Ipotizzando che l’acufenico abbia un’idea su come procedere per ottenere
l’obiettivo della distrazione o dell’oblio, non sempre l’effetto è sortito.
Su questo riflettevo oggi, e sulla possibilità che uno dei motivi poggi
sulla confusione tra un atteggiamento di ‘rassegnazione’ e uno di
‘accettazione’.
Nell’atteggiamento rassegnato mi pare infatti di ravvisare una sorta di
applicazione passiva delle proposte e tecniche consigliate dove la motivazione
è solo in parte alleata.
Nell’accettazione, invece, scorgo la volontà di non subire una condanna
senza appello - come pare di intravvedere in molti acufenici dove l’esplodere
dell’acufene e il senso di disperazione si impongono in modo invadente e
totalizzante - ma di difendere attivamente quegli arcipelaghi di benessere che
seppure relegati nello sfondo, tuttavia sono sempre pronti a riemergere.
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